il Personaggio
Giovanni nacque nel 1485 da Pierandrea e da Fiammetta Barone, ambedue nobili fiorentini, nel Castello di Verrazzano. Fin da giovanissimo gli fu insegnato il piacere dell’avventura, tanto che si propose di visitare parte del mondo orientale all’unico scopo di istruirsi e di trarvi nuove esperienze.
Le sue prime mete furono l’Egitto e la Siria, luoghi che a quell’epoca venivano considerati quasi irraggiungibili e avvolti da un alone di mistero. Fra il 1507 e il 1508 prese la via della Francia venendo accolto dal Re Cristianissimo Francesco I, la cui corte era da tempo meta e luogo di umanistica meditazione per illustri fiorentini come Leonardo da Vinci, Tiziano, Andrea del Sarto, Benvenuto Cellini, il poeta Luigi Alamanni, l’architetto Giovanni Giocondo e altri, tutti costretti a cercare tranquillità lontani da Firenze insanguinata dalle fazioni e da un periodo grigio del governo Mediceo.
Stabilitosi a Dieppe, Giovanni era entrato in contatto con i maggiori esponenti della marina, con gli armatori più valenti e con i marinai più valorosi con i quali si trovava spesso conversando familiarmente e a collaborare in lavori portuali. Contava forse ventidue anni quando cominciò ad imbarcarsi su caravelle facenti parte di spedizioni di notevole importanza.
Il Castello di Verrazzano
La buona fama di cui godeva nel ristretto ambiente della cittadina di Dieppe volò rapidamente in moltissimi ambienti culturali, nautici e scientifici, e fu perfino elogiata da persone vicine al Re. Il Sovrano stesso lo prese in alta considerazione, aspettando il momento opportuno per poterlo incontrare. L’occasione non tardò e ad un primo contatto ne seguirono altri sempre più assidui e la sua presenza a corte era gradita sia durante convegni e riunioni di diplomatici e alti funzionari, come durante le semplici e animate conversazioni familiari, nelle quali il buon umorismo fiorentino condiva sempre la frase che lo rendeva amabile e amico di tutti.
I racconti dei viaggi e delle ricchezze portate da oltreoceano da Colombo e Vespucci giunsero fino alla Corte di Francia che fino a questo momento si era tenuta al di fuori da tali imprese. Fu Giovanni, in un incontro ufficiale tra il 1522 e il 1523 nella città di Rouen con sua Maestà Francesco I, a sensibilizzare il Re alla necessità e all’urgenza di intraprendere viaggi esplorativi per raggiungere i ricchissimi mercati dell’Asia navigando verso Occidente.
I propositi dei Verrazzano furono accettati in pieno e subito fu allestita, sotto la personale direzione di Giovanni, una flotta di quattro navi. Le armi di difesa, le munizioni, le bombarde, i rematori, i battelli di salvataggio e gli strumenti scientifici erano perfettamente in regola, le stive contavano viveri per otto mesi, i piloti, gli esperti e i segnalatori erano tutti audaci marinai scelti dallo stesso capitano Giovanni. L’ammiraglia, una “caracca” con centocinquanta uomini di equipaggio, portava il nome di “Delfina” in onore del primogenito del Re, le altre tre caravelle si chiamavano Normanda, Santa Maria e Vittoria.
Finalmente verso la metà del 1523 la spedizione salpò dalla Francia ma, a causa di una tempesta, due caravelle, la Santa Maria e la Vittoria, affondarono ben presto, e la terza rimase fortemente lesionata e, impossibilitata a proseguire, fu rimandata indietro: solo la nave capitana, più grande e forte, rimase in grado di affrontare l’oceano.
La Delfina si nascose fra le scogliere di Madera e aspettò il momento opportuno per eludere il blocco navale dei nemici Spagnoli e Portoghesi, prendendo il mare durante la notte del 17 Gennaio 1524. Nei calcoli fatti a tavolino, e tracciati scrupolosamente sulla sua mappa, aveva pensato di poter trovare, veleggiando lungo le coste settentrionali del Nuovo Mondo, un passaggio libero, sicuro e breve che dal grande oceano lo potesse immettere nel “Mar” Pacifico verso il Catai (la Cina).
La traversata durò ben cinquanta giorni, più del previsto a causa di una rovinosa burrasca del 24 Febbraio, superata dice il Verrazzano “solo con l’aiuto di Dio”. La Delfina avvistò terra il sette o l’otto Marzo in una località che tutti gli studiosi individuano con Capo Fear, a sud di Wilington.
Giovanni si diresse dapprima verso sud in cerca di un approdo, giungendo fino all’estremità settentrionale della Florida, poi invertì la rotta e si diresse a nord. Proseguendo sempre in vista della costa, sulla quale di notte scorgeva molti fuochi, il navigatore vide distese di boschi con viti selvatiche lungo la spiaggia abitata da gente di colore chiaro, spiaggia che per la sua amenità fu battezzata “Arcadia”.
Verrazzano Map del 1529
Difficile è oggi dire quale fosse il luogo che Verrazzano chiamò Arcadia, sicura è l’identificazione della regione raggiunta più oltre. Verrazzano stesso ce la descrive come “una grandissima riviera dentro la quale la foce era profonda, nella quale saria passata ogni oneraria nave” e aggiunge che “detta riviera si addentra per circa mezza lega dentro la terra formando un bellissimo lago. Il vasto specchio d’acqua pullulava di imbarcazioni indigene”. Era il 17 Aprile 1524, e il Navigatore era entrato nella Baia di New York. Verrazzano era penetrato per il braccio chiamato oggi “The Narrow” nella baia superiore che egli battezzò Santa Margherita, dal nome della sorella di Francesco I.
Approdò alla punta di Manhattan, e forse all’estrema costa di Long Island. La sosta di Giovanni nel magnifico specchio d’acqua fu interrotta da una tempesta che lo spinse a nord fino a Martha’s Vineyard e a trovare rifugio nell’odierna Newport. Qui la spedizione prese riposo per due settimane, dal 24 Aprile al 6 Maggio, entrando in contatto e fraternizzando con le popolazioni indigene.
La grande impresa era compiuta, tutta quanta la distesa di terra che si allunga dalla Florida all’Isola di Capo Bretone, la terra cui il navigatore aveva posto il nome di Francesca, era stata scoperta. Nei primissimi giorni del luglio del 1524 la spedizione fece ritorno a Dieppe. La notorietà e il prestigio in campo scientifico e politico raggiunti dal Verrazzano dopo questa impresa, indusse vari e vani tentativi da parte di governi nemici alla Francia per assicurarsi la collaborazione di questo personaggio, che invece continuò a fregiare il suo stemma con il giglio di Francia. Tra il Maggio 1526 ed il Settembre 1527 Verrazzano guidò una spedizione che portò, attraverso il Capo di Buona Speranza, la prima nave francese nell’Oceano Indiano, e che toccò sulla via del ritorno le coste del Brasile, riportando in patria cospicui tesori.
Sulla scia di questo ennesimo successo fu organizzata una nuova spedizione alla quale partecipò anche il fratello Girolamo, ormai cartografo affermato. La spedizione raggiunse la Florida e due isole vicine: Cabaco e Babama (le odierne Abaco e Gran Bahama). Dirigendosi poi verso la costa del Darien, attraverso il Mare Caraibico, Giovanni avvistò un’isola coperta di rigogliosa vegetazione ed apparentemente deserta, egli vi sbarcò con sei uomini; all’improvviso però dalla folta boscaglia un gruppo di indigeni li assalì con inaudita ferocia, li sopraffece e, spogliati e uccisi li gettò a pezzi sui carboni ardenti, divorandoli poi tra un baccano bestiale e urla indiavolate, mentre il fratello Girolamo inorridito ma impotente, assistette da bordo a tale massacro. Era l’anno 1528.